Il movimento punk è nato in Inghilterra verso la metà degli anni ’70 e, successivamente, si è esteso in tutta l’Europa e l’America. Alla base di questa sottocultura si cela un senso di nichilismo, di autodistruzione, la convinzione di non avere alcun futuro in una società alienante e selvaggiamente egoista com’è quella contemporanea.
Questo rifiuto ideologico della società si esprime in tutto il loro stile di vita; con l’abbigliamento che, per quanto sporco e stracciato, è al tempo stesso curato nei minimi particolari (borchie, cerniere, manette, bondage, ecc); con i capelli decolorati o coloratissimi, le acconciature a cresta di gallo o alla mohicano; con una grande quantità di anelli e spilloni infilati nel naso, nei lobi, nelle guance. La loro stessa identità sotto culturale li spinge a esprimersi utilizzando l’estetica; la ribellione al modello di vita borghese, alle convenzioni sociali, agli stereotipi che vogliono un corpo bello, armonico, palestrato e perfetto, li spinge a comportarsi nella maniera opposta, incidendo e sfregiando la loro pelle, agghindandosi in un modo "mostruoso", "brutto", che "offende" i comuni canoni di bellezza; il piacere di marchiare e perforare la propria carne è inteso, così, come una manifestazione di superiorità e distacco dal comune stile di vita borghese.
Il marchio assume tra i punk e gli squatters il ruolo di rito tribale: ci si ritrova nelle strade delle grandi città, si dorme in case occupate, si fa parte di un gruppo, di una banda o di un clan. Il tatuaggio, fatto da un amico con un ago, le mani sporche e una birra in mano, assume valore di iniziazione e simboleggia la scelta di vita e di filosofia, così come i tagli e le cicatrici procurate con la lametta.
Vengono tatuate scritte offensive ("fuck you", "hate", ecc.) o simboli contro la società (classica è la "A" di anarchia), nomi di gruppi musicali o immagini tratte dalle copertine dei dischi (Agnostic Front, Sex Pistols, Dead Kennedys), teschi, figure macabre, pipistrelli, ragni e ragnatele sui gomiti, scritte sulle dita o rondini sul collo (comuni anche tra gli skinhead). E’ il marchio di riconoscimento, scritto per sempre sulla pelle, quale segno di appartenenza a un gruppo; tatuaggi a volte rozzi ma densi di significato che rappresentano la libertà, la protesta e il distacco dalla società "normale".
A metà degli anni ’80, tra i punk si diffondono i tatuaggi di disegno tribale: motivi in nero del Borneo sul cranio o pesanti bracciali neri con spine. Insieme ai capelli colorati e all’abbigliamento trasandato, divennero comuni, poi, i larghi buchi ai lobi, lo spuntone d’acciaio sotto il labbro, la barretta al sopracciglio o alla lingua, l’anello al setto nasale, alla narice o al capezzolo (ma, a differenza di venti anni fa, vengono fatti da piercers esperti e con gioielli adeguati).
Oggi, il movimento punk, nella sua matrice ideologica originaria, non esiste praticamente più; tuttavia non è raro incontrare giovani che sfoggiano piercing, tatuaggi e capelli colorati alla loro vecchia maniera, magari senza sapere nulla dell’ideologia che stava alla base di quel tipo di abbigliamento.
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